“Nero d’avorio” , il nuovo romanzo di Rita Piccitto

giugno 2, 2015 in Recensioni da Piera Maculotti

Nero d'avorioVa’ dove ti porta il cuore… Se hai il cuore istruito e la mente aperta, puoi andare dove vuoi, anche lontano… Sensibilità e coraggio sono risorse preziose, e Nele le possiede; è cresciuto amato e ben curato anche se, a cinque anni, perde la mamma, come narra l’intensa storia racchiusa tra le pagine di Nero d’avorio (Algra ed. pp. 240 € 16) di Rita Piccitto.

Un coinvolgente racconto di formazione, un romanzo d’amore (di multiforme amore) e insieme un bel quadro storico della realtà italiana che l’autrice – siciliana d’origine, ora bresciana – disegna ispirandosi alle vicende familiari (soprattutto quelle del bisnonno editore e tipografo).

Ragusa e Torino: a legare due mondi così distanti è l’avventura di Nele. Neluccio per le cinque zie paterne che – tutte nubili, colte, benestanti – accolgono con amore il piccolo orfano; depositario di alte aspettative, diventa il principe della casa

Si diventa adulti grazie ai sogni. E i sogni – se vuoi – non muoiono mai. Questo glielo insegna l’amatissima zia Giulia tra i fiori e i segreti dei Cento Pozzi nella grande villa in campagna; o in quella al mare tra il faro e il vento…

Il tempo vola, e la morte fa parte della vita… Giulia lo sa, e sa anche quando arriva: gliel’addita la misteriosa manina d’avorio fissata sull’ebano nero… Fantasie? Leggende? Preveggenze?

Nero d’avorio intreccia realtà anche dure con la magia di un pensiero che osa sfidare limiti, perdite, paure, e poi sa farsi gesto.

Niente dura per sempre. Nemmeno la gloriosa tipografia: venduta, fallita nonostante la dedizione attenta e tenace.

Intanto Nele cresce, studia e sogna; dopo il liceo classico dai Salesiani in collegio, il Politecnico l’aspetta. Ma lontano, lassù, a Torino. Anche lui, come tanti, andrà al Nord. Prenderà quel treno pieno di emigranti, quel brulicante carico di rabbia e di speranza che attraversa l’Italia.

Un ponte tra la miseria e il pane. Amaro per molti: la Fiat licenzia, gli operai lottano con sacrifici e aspre lotte sindacali. Nele non se la sente di chiudersi nel suo agio borghese; si guarda attorno: vede, ascolta, s’interroga, e incontra altri meno fortunati di lui. Così s’impegna e aiuta; si laurea, ama e sogna. Poi costruisce. Da bravo ingegnere realizzerà il ponte dei suoi sogni: forte, agile, elegante.

Un po’ come il racconto – saldo e luminoso – di Rita Piccitto.

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