L’ebola, l’uomo nero e l’autolavaggio
ottobre 12, 2014 in Approfondimenti da Sonia Trovato
L’ebola, l’Isis, il terrorismo sono solo i più recenti capri espiatori di una società che, come sostengono Bauman e altri, trasforma ogni giorno irrazionali paure individuali in un mezzo di regolazione e di controllo sociale. Incessantemente, decaloghi allarmanti e ansiogeni ci insegnano come ripararci dalle malattie, da fanatici imbottiti di tritolo, da scippatori, da ladri d’appartamento, da influenze endemiche, da attentati dinamitardi. Ma se il male arriva alle spalle, tra il rumore di spazzole e di bocchettoni, e ha il volto pulito dei vent’anni, e ha la cadenza familiare della propria gente, come ci si può difendere?
Chi ci protegge, dunque, da tre uomini che trasformano un autolavaggio nel set di una terrificante arancia meccanica?
Chi ci protegge dall’inumanità di chi, cresciuto spensieratamente in una città del ricco Occidente, è capace di far denudare – per noia – un quattordicenne in sovrappeso e di infilargli un compressore nel sedere?
Ancora, chi ci protegge da un padre che difende il colpevole sostenendo che non si è reso conto della gravità del gesto e che è stata una ragazzata? Le ragazzate noi le facevamo suonando i campanelli di notte, fumando di nascosto durante l’ora di ginnastica, ubriacandoci in gita, andando in due in motorino senza casco. Non ci è mai venuto in mente di seviziare un inerme adolescente devastandogli il colon.
Chi ci protegge dall’indifferenza dei due che hanno assistito a questa barbarie senza strillare, piangere, denunciare? Quale cumulo di bile nera bisogna avere al posto del cuore e del cervello per guardare un essere umano di quattordici anni nudo, umiliato, torturato senza gridare dall’orrore?
Chi ci protegge da un bambino che ora ha due anni e che crescerà con un aguzzino che non si rende conto che una pistola ad aria compressa ficcata nella carne di qualcuno equivale a un trauma irrimediabile, alla totale perdita del più basilare sentimento di fiducia verso il prossimo, a una vita distrutta?
Chi ci protegge da un commerciante che si preoccupa che il clamore mediatico possa avere delle cattive ripercussioni sulla propria attività, sede di questa violenza ripugnante?
Ma soprattutto, chi ci protegge dai salotti televisivi che oggi si indignano per la vicenda e che ogni giorno ci bombardano con corpi perfetti, con modelli di bellezza irraggiungibili, con storie di successi folgoranti dovuti solo ai doni di Madre Natura?
Chi ci protegge da una società fondata sull’avvenenza, dove un bambino può essere preso in giro, insultato e sodomizzato solo perché la lancetta della bilancia schizza troppo in alto?
Chi ci protegge, insomma, dalla banalità del male?
Questi “ragazzi” normali, sguaiati rappresentanti di una cultura della prevaricazione, del branco, dell’omertà, della certezza dell’impunità, del disprezzo delle minoranze, ci fanno molta più paura di qualsiasi epidemia o di qualsiasi uomo nero sbattuto in prima pagina.