Participative landscape: progettualità con la comunità
maggio 11, 2014 in Architettura e urbanistica da Chiara Zonta
Il paesaggio è, in ultima analisi, il rapporto spazializzato tra natura di un luogo e la cultura di chi lo abita o, come dichiara la Convenzione europea: Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.
Nei processi di identificazione, analisi e gestione dei paesaggi è dunque indispensabile coinvolgere la popolazione locale, che conosce il territorio nella propria quotidianità ed è custode dei saperi e delle pratiche locali, cioè di un patrimonio socio-culturale, storico-artistico-architettonico e produttivo (abilità e competenze rurali, artigianali, industriali) sviluppatosi in stretta relazione con il proprio ambiente di vita, come parte della propria identità. E se la qualità di un paesaggio si misura sulla qualità dell’abitare e del produrre vissute in prima istanza dalla popolazione, i cittadini si qualificano come esperti e si rivelano una risorsa strategica e di supporto al tecnico, all’amministratore ed allo studioso nella conoscenza, conservazione e gestione del territorio.
Visualizzare un paesaggio significa anche renderlo meglio visibile agli occhi dei suoi stessi abitanti, consentire loro di riscoprirlo e riappropriarsene, di identificare la varietà delle risorse presenti, valorizzarle e promuoverle. Anche così si contrasta quell’erosione del patrimonio di memoria e natura che sta alla base dei processi di sradicamento e spaesamento territoriali e di omologazione paesaggistica.
L’opportunità di coinvolgere maggiormente la comunità locale nei processi di governo del territorio ha portato alla nascita del concetto di governance: una forma di gestione del potere pubblico che, secondo il Libro Bianco elaborato dall’Unione Europea, deve basarsi sui principi di trasparenza, accessibilità dell’informazione, non discriminazione, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza.
Si tratta di un approccio decisamente innovativo, rispetto ai modelli restrittivi della democrazia rappresentativa, che richiede l’elaborazione di nuove norme, strumenti e procedure volti a gestire il confronto e l’interazione con i portatori di interesse ed il contributo che possono fornire. Necessita, quindi, di uno sforzo di decentramento che assume l’aspetto di una rivoluzione socio-culturale. Senza la condivisione di una cultura della governance da parte di amministratori, tecnici e dei cittadini portatori di interesse (stakeholders), è infatti impossibile concludere un’esperienza di progettazione armoniosa e di ampio respiro.
Il coinvolgimento della comunità locale può svilupparsi in più livelli, come: informazione ai cittadini, consultazione, co-progettazione ed empowerment.
L’informazione dovrebbe costituire un processo continuo, aperto e trasparente, accompagnando la formazione dei cittadini e degli operatori locali sulle criticità ed opportunità presenti sul territorio. Prima e accanto ad un iter di pianificazione partecipata, sarebbe quindi utile organizzare incontri informativi specifici per gli amministratori, le imprese, le associazioni e i cittadini; inoltre, si potrebbero costruire con le scuole e con le università dei laboratori, dei seminari e degli studi di ricerca, anche aperti agli adulti come progetti di educazione permanente.
Lo spazio consultivo è previsto dalla normativa e (ancora poco) attuato tramite referendum consultivi, petizioni, istanze popolari, consulte comunali tematiche e sedute aperte del Consiglio comunale o provinciale su alcuni temi.
Vi sono poi anche degli strumenti e delle procedure di partecipazione gestiti a livello volontario. Tra questi, è basilare il forum, in cui cittadini e pubbliche amministrazioni si incontrano in assemblea per discutere obiettivi, strategie e interventi. La sua convocazione è utile anche durante lo svolgimento delle attività programmate, per coordinare dei percorsi e controllare i risultati di volta in volta conseguiti. Il forum può svolgersi parzialmente anche on-line, se vi è un sito internet o un blog di riferimento.
I veri protagonisti della progettualità partecipata, però, sono i tavoli di lavoro, alla base della co-progettazione. Questi si occupano di sviluppare progetti li animano, coadiuvati da tecnici ed amministratori, attorno a singole tematiche o settori di un più generale piano, in base agli interessi ed alle competenze dei cittadini che
Altro momento imprescindibile nella co-progettazione è costituito dalle visite sul campo, presso luoghi e persone che permettono di meglio scoprire e conoscere il territorio e la comunità per i quali si sta impostando il piano, così da rispondere correttamente alle aspettative e valorizzare al massimo le opportunità che si presentano.
L’empowerment, ultima evoluzione della progettazione partecipata, corrisponde alla (per ora) utopica realizzazione della democrazia diretta. In questo caso, sono i cittadini a gestire autonomamente l’intero progetto, anche in partnership con l’ente pubblico.
Ad ogni modo, sono molti i vantaggi che il coinvolgimento della popolazione nella pianificazione può comportare.
Il participative landscape contribuisce, infatti, a rinvigorire il senso di identità, di appartenenza ai luoghi e di riconoscimento in una comunità. Promuovendo informazione e formazione, innesca la consapevolezza rispetto al proprio paesaggio nella sua globalità e nella complessità delle interazioni tra i diversi aspetti dell’economia, della società e dell’ambiente.
Mettendo in rete conoscenze e competenze così diversificate si stimola l’emergere di prospettive di sviluppo diversificate e multisettoriali e si valorizzando sinergicamente le risorse presenti. Nella società post-industriale, infatti, un paesaggio culturale tutelato, animato e rifunzionalizzato si rivela promotore di uno sviluppo economico consistente, oltre che sostenibile.
La co-progettualità consente infine di prevenire conflitti futuri non solo tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni, ma anche tra la comunità ed il territorio. Trattandosi spesso di aree con estensione sovracomunale, la conoscenza di problemi, risorse ed aspettative è una garanzia per programmare e gestire uno sviluppo in grado di conservare la memoria dei luoghi e di attivarne il patrimonio.
Di contro, vi sono anche diversi svantaggi, riguardanti principalmente il cambiamento culturale, sociale e procedurale necessario ad una corretta ed efficace gestione della co-progettazione. È infatti necessario investire lunghi tempi per la formazione e l’educazione degli amministratori e dei cittadini. I maggiori problemi riguardano le difficoltà di comunicazione, di negoziazione e di collaborazione tra persone non abituate a lavorare in gruppo. Resistenze al cambiamento e diffidenze, in tal senso, arrivano soprattutto dalle Pubbliche Amministrazioni, da contese preesistenti tra gli individui e dal rischio di conflitti di interesse.
L’idea di coinvolgere la cittadinanza nel governo del territorio non è nuova, anzi, ed ha cominciato a diffondersi nel mondo sulla scia dello slogan “pensare globalmente, agire localmente” di Agenda 21, un programma scaturito dalla conferenza ONU di Rio del 1992.
Negli stessi anni, in Europa è il programma LEADER (Liaisons entre action de développement de l’économie rurale) a promuovere la partecipazione della comunità, a partire dalle aree rurali. Tale esperienza si è evoluta e rafforzata di settennato in settennato, fino a quello attuale. Quest’anno si apre per gli Stati comunitari una turnata ricca di opportunità per la co-progettazione, ridefinita come sviluppo locale partecipativo (CLLD, Community-led Local Development): i Fondi Strutturali Europei 2014/20, in accordo con l’obiettivo Europa 2020, investono non sul solo sviluppo degli ambiti rurali (FEASR), bensì pure sullo sviluppo regionale (FESR), sociale e occupazionale (FSE), degli affari marittimi e di pesca (FEAMP).
Per quanto riguarda l’Italia, dall’aprile 2013 sono stati attivati in Italia quattro tavoli di confronto su “Lavoro, competitività dei sistemi produttivi e innovazione”, “Valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente”, “Qualità della vita ed inclusione sociale” e “Istruzione, formazione e competenze”. E per sviluppare progetti inerenti a queste tematiche, gli aiuti finanziari comunitari sono consistenti. Occorre, però, che la cultura della partecipazione trovi ancora maggior radicamento e diffusione, che le partnership dimostrino di essere in grado di sostenere un tale impegno e di perseverare nel rispetto dei principi essenziali di trasparenza, democraticità, non discriminazione e buona amministrazione.
La speranza è che, questa volta, l’opportunità di tutelare e promuovere delle pratiche di participative landscapes, venga accolta ed esercitata, sprigionando tutti i vantaggi che una tale gestione del patrimonio paesaggistico comporta.