Renzi-Boschi: sette ragioni per il NO

dicembre 4, 2016 in Approfondimenti, Crisi da Sonia Trovato

renzi-boschi-638x425«Signor Presidente del Senato, gentili senatrici, onorevoli senatori, ci avviciniamo a voi in punta di piedi, con il rispetto profondo, non formale, che si deve a quest’Aula, che si deve alla storia di un Paese che trova in alcuni dei suoi luoghi non soltanto un simbolo – cioè qualcosa che tiene insieme – ma anche un elemento di unità profondo. Ci avviciniamo con lo stupore di chi si rende conto della magnificenza e della grandezza non solo di un luogo fisico, ma anche del valore che questo rappresenta nel cuore di una lunga storia come quella italiana». Era il 24 febbraio 2014 e il neopresidente Matteo Renzi apriva così il discorso programmatico rivolto ai senatori ai quali ci accingeva a chiedere il voto di fiducia. Ci sono voluti poco più di due anni perché il “rispetto profondo” verso il Senato si trasformasse in un tracotante disprezzo e perché Palazzo Madama venisse assurto dai media governativi a carrozzone costoso e inutilmente replicante delle funzioni svolte dalla Camera dei Deputati. 

Da quando la riforma costituzionale Renzi-Boschi ha iniziato il proprio estenuante martellamento in ogni spazio messo a disposizione dall’agone politico (andando a finire addirittura nel necrologio per Veronesi, che è stato compianto prima di tutto come “un testimone del sì”), la tracimante macchina di propaganda dell’esecutivo ha creato un sistema simbolico di inconciliabile divergenza: da una parte, il vecchiume parassitario e parruccone, che inneggia anacronisticamente al bicameralismo perfetto; dall’altro, il frugale e pragmatico homo novus di ispirazione renziana, che odia il bicameralismo, odia i senatori, odia le lungaggini dell’iter legislativo. Semplicità. La parola d’ordine della revisione della Carta è semplicità. «Il mio è un messaggio di semplicità. Questo paese ha bisogno di essere più semplice» ha proclamato a gran voce Renzi nel dibattito con Zagrebelsky andato in onda dagli scranni di Mentana.

Il sito della nostra testata si apre da diverse settimane con la riflessione di Marco Castelli, il quale, commentando i più vistosi difetti formali della riforma, ha messo in luce come a un restringimento della rappresentatività popolare non si accompagni una concreta contrazione dei costi della politica http://www.gruppo2009.it/il-referendum-e-la-logica-daccentramento-dei-poteri-alcune-ragioni-per-il-no/. Sono innumerevoli e autorevoli le fonti che rilevano l’assurdità della trasformazione del Senato da organo legislativo di elezione diretta a camera di doppi-incarichisti eletti per ricoprire ruoli amministrativi e locali. Da più parti si è denunciato come il testo, scritto male e confusamente, possa essere fonte di effetti caotici e contraddittori http://www.libertaegiustizia.it/tag/lappello-dei-costituzionalisti/.

Di seguito, ci si limiterà a proporre una serie di ragionamenti logici (o aspiranti tali), al fine di constatare come quello del referendum sia stato prima di tutto un triste, tristissimo banco di prova per l’informazione nostrana sotto la guida del PD renziano 2.0:

1. Il sistema democratico è complesso per definizione. Le uniche forme semplici di potere sono il potere assoluto e il potere oligarchico. Peraltro, il fatto che nella storia del ministero della Semplificazione Normativa compaia il nome di Calderoli (che di semplice ha giusto l’attività cerebrale) dovrebbe essere una condizione sufficiente perché si invochi la più bizantina macchinosità.

2. “Se voti no, non cambierà nulla”, dice la sosia di Jessica Fletcher in un imbarazzante video-propaganda confezionato dai pubblicitari renziani. Ma quale sottaciuto principio decreta che il cambiamento sia un valore in sé? Anche gli eventi politici che seguirono la marcia su Roma del ‘22 furono un cambiamento rispetto all’Italia sabauda, eppure nessun essere pensante li giudicherebbe positivamente.

3. L’illegittimità di questo governo nel riformare la Costituzione non è data dal fatto che esso non sia stato eletto: nessun governo italiano del dopoguerra è infatti mai stato eletto, dato che, in una repubblica parlamentare, è il parlamento a essere eletto e a valutare di accordare o meno la fiducia a un presidente del consiglio suggerito dal capo dello Stato. L’illegittimità è costituita dall’indecente concatenazione di eventi che ha costituito la fase più recente della seconda repubblica. In primo luogo, i parlamentari sono stati eletti (cioè nominati) con il Porcellum, la legge porcata firmata Calderoli (ancora lui!) e giudicata incostituzionale. Inoltre, questo governo, nato sull’onda lunga dei governi d’austerity Monti e Letta, si era ripromesso di dare al paese una nuova legge elettorale e di rimettersi presto alla sovranità popolare. E dunque, un parlamento incostituzionale, espressione di un governo tecnico, ha davvero l’autorevolezza per modificare la Costituzione, trasformando in modo così profondo l’assetto istituzionale di questo paese?

4. “Non è giusto votare NO solo per odio verso Renzi” dicono i sostenitori del Sì (molti dei quali hanno occultato l’inesistenza di qualsiasi idea politica dietro all’odio incondizionato per Berlusconi). E perché? Se Renzi stesso trasforma un referendum consultivo in un plebiscito ad personam, per quale motivo chi dissente dalle sue politiche liberiste e inique non dovrebbe servirsi di questo strumento? E inoltre, secondo quale logica sarebbe sbagliato ricavare un giudizio su una riforma valutando dapprima lo spessore politico del suo promotore? Se un cittadino informato osserva con sgomento e apprensione crescente gli effetti del Jobs Act o della Buona Scuola, dell’alternanza scuola-lavoro affidata al Mc Donald’s o di una politica estera servile e americanocentrica, non ha poi il diritto di guardare con sospetto a una riforma costituzionale che porta il nome del medesimo promulgatore?

5.  Gli stessi che sostengono che non sia giusto votare NO per odio verso Renzi poi affermano implicitamente che sia giusto votare Sì solo perché a votare NO ci sono personaggi detestabili come Salvini, Grillo, Berlusconi. Viene quindi da sospettare che siano proprio costoro a non avere argomenti per votare Sì, se non degli imprecisati ed emotivi inneggiamenti alla necessità che questo paese faccia le riforme, invocate da tutti i coinquilini di Palazzo Chigi come un mantra universale (si rimanda al punto 2).

6. Il modo in cui i quesiti referendari sono formulati è generico e scaltro e il livello del materiale “informativo” divulgato dalla campagna di propaganda potrebbe fare il pari con alcuni manifesti patinati stampati in Corea del Nord.

7. A settembre, l’ambasciatore americano in Italia si è reso protagonista di un’inqualificabile intromissione nella vita pubblica del paese ospitante, definendo un’ipotetica vittoria del NO come «un passo indietro per l’Italia», che avrebbe perso qualsiasi attrattiva per gli investitori stranieri. Visto che chi scrive non nutre alcuna fiducia verso una potenza arrogante che, per citare Chomsky, si atteggia da secoli a “gendarme del mondo”, la convinzione che dietro il Sì si celi l’ennesimo caso di spregiudicato terrorismo psicologico da parte delle speculazioni finanziarie non fa che rafforzare la prudenza a votare NO.

È dal 2011 che assistiamo a un progressivo e massiccio smantellamento dello stato sociale e delle libertà fondamentali all’interno delle democrazie europee, in nome di una generica e necessaria stabilità dei mercati. Se un tempo la propaganda democristiana accordava a Dio il compito di vigilare severamente sul percorso che la matita tracciava sulla scheda, oggi sono i fantomatici mercati a sbirciare nelle cabine e ad ammonirci. Ci prendiamo la responsabilità di dire che qualora dovesse vincere il NO, non ci saranno piogge di fuoco o invasioni di cavallette, né bancomat non funzionanti o scaffali dei supermercati improvvisamente vuoti. L’unica cosa certa del voto di oggi, oltre alla maratona con la quale Mentana rischierà il ricovero coatto,  è che tra poche ore questa persecuzione orwelliana sarà finita e, con essa, l’ipocrisia che lo svuotamento della dialettica parlamentare ci importi davvero così tanto. 

Condividi: Email this to someoneShare on FacebookTweet about this on TwitterShare on Google+Pin on Pinterest