Heidegger: quando la filosofia si fa nazista e antisemita
luglio 30, 2016 in Approfondimenti da Mario Baldoli
È ormai stata pubblicata una buona parte dei Quaderni neri di Martin Heidegger: 34 scritti filosofici, chiusi in una tela cerata nera che il filosofo voleva seguissero gli inediti della sua intera opera.
I Quaderni coprono gli anni 1931-1971. Quello di cui scrive Di Cesare riguarda il periodo 1942-1948; 560 pagine sugli anni cruciali della guerra e quelli immediatamente successivi.
Della pubblicazione degli inediti del filosofo si occupa un consiglio costituito dai discendenti e da alcuni filosofi, un Kuratorium, una commissione di vigilanza che pubblica gli scritti del maestro omettendo frasi e giudizi, soprattutto antisemiti, col pretesto che possono essere fraintesi. Così la commissione, che è tendenzialmente su posizioni di estrema destra, ha reso poco credibile l’intero lascito del filosofo.
Inaspettatamente nel 2011 la filosofa Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica a Roma, viene chiamata al Kuratorium col ruolo di vicepresidente, prima donna a entrarvi. Il suo compito è di far leggere al mondo Heidegger “sotto nuove costellazioni”.
Ma Di Cesare legge i Quaderni neri sotto costellazioni diverse dalle aspettative né si sente di esser fedele al mito di Heidegger. Inevitabili quindi i suoi scontri col Kuratorium, il sistematico rifiuto delle sue proposte, l’attacco alle sue conferenze, finché si dimette e con lei altri membri dell’associazione tra cui Klostermann, lo storico editore del filosofo.
Da allora le minacce dei neonazisti contro di lei arrivano al punto che vive sotto scorta, segno della forte presenza del negazionismo in Italia a livello volgare come a quello accademico.
I Quaderni neri trattano di vari temi, tra cui l’ebraismo, ed è su questo che si appunta lo studio di Donatella Di Cesare. Heidegger non è solo il filosofo che ci ha fatto conoscere l’esserci, “l’essere nel mondo”, ma anche colui che scrive che l’Ebreo non è “un essere nel mondo”, è un ente, l’intralcio al dispiegarsi dell’Essere. Così Heidegger intreccia indelebilmente la questione ebraica alla questione dell’Essere.
Mentre già sapevamo della sua adesione al nazismo (non un “errore”, ma un rapporto lungo e profondo durato anche dopo la guerra), nei Quaderni Heidegger si rivela un radicale antisemita. Già nel 1916 aveva scritto: La giudaizzazione della nostra cultura e delle nostre università è spaventosa e ritengo che la razza tedesca dovrebbe trovare sufficienti energie interiori per tornare in auge. Nel 1929 si ripete: O dotiamo la nostra vita spirituale tedesca di forze e educatori autentici, oppure la consegniamo alla crescente giudaizzazione.
Di Cesare rifiuta la posizione secondo cui il filosofo va giudicato senza tener conto dei Quaderni, come rifiuta le condanne definitive, ad esempio quella di Adorno: Heidegger è fascista fin nelle sue cellule più interne. Ritiene invece necessario confrontarsi con la complessità del pensiero heideggeriano (in proposito invita alla ricerca sull’antisemitismo nella filosofia tedesca).
Affronta quindi il percorso più lungo: cogliere, in una prospettiva storica e filosofica, quell’antisemitismo. Tale lungo percorso (e la sua persona) sono rudemente attaccati da Emmanuel Faye, un ex componente del Kuratorium (“Micromega” 2015, n 2) che rifiuta la sua interpretazione dell’antisemitismo heideggeriano e la sua ricostruzione filosofica.
In Heidegger e gli ebrei Di Cesare mette in luce l’antisemitismo tedesco a partire da Martin Lutero (Degli ebrei e delle loro menzogne) che invoca la distruzione degli Ebrei: cani sanguinari, assassini dell’intera cristianità e indica come eliminarli: dare fuoco a sinagoghe e scuole, distruggere e smantellare le loro case, ricoprire di terra e seppellire ciò che non brucia.
Kant (La religione nei limiti della semplice ragione e scritti successivi) toglie all’ebraismo ogni contenuto teologico e morale, “una nazione di ingannatori”, fino a proporre all’ebraismo l’eutanasia affinché tutti arrivino, prima o poi, alla fede cristiana.
Con l’Illuminismo nasce la “questione ebraica”, il passaggio dall’antigiudaismo (la condanna teologica), all’antisemitismo, quella filosofica: in cosa consiste l’irriducibilità degli ebrei? tutti i popoli sono scomparsi, i greci, i romani, qual è il mistero degli ebrei?
Fichte libera il suo sarcasmo: tagliar la testa a tutti loro in una notte e sostituirvene un’altra in cui non vi sia più neanche un’idea ebraica. Così Schopenhauer, Hegel, Nietzsche, Frege, un elenco qui impossibile da seguire e che mette in dubbio che Gesù fosse ebreo. Anche Wagner in L’Ebraismo nella musica, auspica un’emancipazione dall’oppressione ebraica. Da tali basi nasce Mein Kampf.
Secondo Di Cesare Mein Kampf non va letto come una follia, altrimenti non avrebbe avuto il seguito che ebbe. Contiene sì un aspetto biologico: come le specie animali si accoppiano solo tra loro, così devono essere quelle umane. Ma anche un aspetto speculativo: la razza ariana fonda la cultura, i giapponesi sono gli esecutori, invece gli ebrei distruggono, sono senza terra, minano l’identità degli altri popoli, avvelenano il sangue ariano, sono da annientare.
Nel 1933 Heidegger diventa rettore dell’Università di Friburgo (dove auspica una cattedra di “dottrina razziale e di biologia ereditaria”) e si iscrive al partito nazista. Un anno dopo si dimette da rettore – sembra – per la sua narcisistica velleità di influenzare il nazismo. Da grande intellettuale ha partecipato al rogo dei libri del 1933? Forse, ma lo nega. Nel 1946 viene sospeso dall’insegnamento per la sua adesione al nazismo.
Nei Quaderni denuncia la strategia degli ebrei: realizzare il parlamentarismo, l’uguaglianza, la democrazia mondiale. Vi aggiunge anche il bolscevismo che giudaizza la società (Rosa Luxemburg e Trotzski erano ebrei!), e che porta alla perdita della storia dei popoli, alla loro “autoestraniazione”.
L’Ebreo è privo di una terra, è una pietra. Heidegger si libera anche dell’ebreo Freud che – scrive – riduce tutto agli istinti, cioè all’ente, al nichilismo.
Pietrificato, reificato, entificato, l’Ebreo è un ente che minaccia di pietrificare l’Essere. Questa è la sua colpa più grave.
Simili affermazioni mostrano come l’Ebreo sia centrale nel pensiero di Heidegger e non si possa limitare il suo antisemitismo a una questione marginale. L’ebreo può finire nei forni, purché l’Essere viva.
E avviene facilmente l’inversione delle parti: i carnefici diventano le vittime.
In proposito Heidegger confonde volutamente Lager (campo di sterminio) con campo di concentramento (sul tema è fondamentale il libro di Margarete Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino).
Per Heidegger il crimine incommensurabile è stato compiuto contro i tedeschi, un crimine così grave che non si può confrontare con quello delle camere a gas. La Shoah è un “autoannientamento”, gli ebrei si sono autoannientati perché sono gli agenti della modernità, perché hanno seguito il destino della tecnica, gli usurai si usurano, i distruttori si distruggono. Cos’è Auschwitz se non l’industrializzazione della morte, l’effetto devastante della tecnica portata dagli ebrei stessi?
Se essi si fossero completamente annientati, sarebbe avvenuta la purificazione dell’Essere e la “questione ebraica”, quell’inciampo, sarebbe stato risolto una volta per tutte. Per Heidegger il popolo tedesco è la vera vittima dell’ignoranza dell’Occidente.
I morti nelle camere a gas? Ma milioni di persone muoiono al mondo per la fame, banalizza Heidegger. E gli ebrei agiranno con spirito di vendetta, facendo un uso strumentale delle loro vittime.Il destino dei tedeschi di salvare l’occidente è per ora sconfitto perché Hitler ha sbagliato i tempi, ma il momento opportuno tornerà.
È evidente che ormai non potremo più leggere come prima il suo Essere e Tempo.