Un mondo impazzito
luglio 7, 2016 in Approfondimenti, Crisi, Recensioni da Mario Baldoli
Dalla fine della II guerra mondiale, il colonialismo e il neocolonialismo occidentali hanno provocato la morte di circa 55 milioni di persone, mai tante stragi ci furono nella storia dell’umanità. Milioni di altre persone sono morte in silenzio per le conseguenze della guerra. Oggi più che mai, dato che i ricchi fanno le guerre senza esercito, scaricando le loro bombe e moltiplicando i morti tra la popolazione. Di solito tutto avviene in nome della libertà e della democrazia, mentre si dice che siamo in pace da oltre 70 anni.
Il dialogo tra Noam Chomski e Andre Vltichek, Terrorismo occidentale (Ponte alle grazie editore, trad. di Valentina Nicoli), ha un inizio e una fine uguali: “Sembra che viviamo in un mondo impazzito”. Il grande intellettuale e il giornalista d’inchiesta hanno identificato e fotografato quello che non avremmo mai voluto leggere e nemmeno sapere. Che noi, cittadini, governi e poteri economici d’Europa e soprattutto – in proporzione – degli Stati Uniti abbiamo le mani e il cervello sporchi di sangue.
E’ difficile scegliere fra i tanti interventi micidiali dell’Occidente.
Il Vietnam? Il più noto.Una guerra durata vent’anni (1955-1975) – ma la data d’inizio è variamente interpretata – con un milione e mezzo di morti, secondo il conto più ristretto. Secondo il governo del Vietnam, un milione e 400.000 vietnamiti e oltre 4 milioni di civili. Un terreno ferocemente inquinato e bombe ancora nascoste. Il contribuente americano l’ha pagata 165 miliardi di dollari. All’ombra della falce della morte non si sa quanto abbiano guadagnato i soliti noti.
Più grave è stato il colpo di stato in Indonesia del 1965, finanziato dagli Usa, per abbattere il governo Sukarno affinché non coinvolgesse politicamente il Partito comunista. Vi furono stragi di intellettuali, di comunisti e della minoranza cinese, si parla di circa tre milioni di morti.
Oppure fu l’invasione e l’occupazione di Timor Est nel 1975 da parte di un’Indonesia ormai asservita ai paesi del progresso (Usa, Inghilterra, Australia). Timor Est è uno dei paesi più disgraziati del mondo. 400 anni di dominio portoghese, la seconda guerra mondiale combattuta a fianco degli australiani contro i giapponesi. Sentendosi sicuri dopo la battaglia di Guadalcanal, gli australiani abbandonarono i Timoresi alla rappresaglia e ai bombardamenti di giapponesi e alleati. Vi morirono 70.000 abitanti, il 10% della popolazione.
Purtroppo agli inizi degli anni Settanta si scoprirono vasti giacimenti di petrolio e gas nel mar di Timor, così l’Australia si accordò con l’Indonesia affinchè occupasse Timor est in cambio di una parte del reddito degli idrocarburi. I Timoresi combatterono 25 anni per la loro indipendenza. Si era vicino al genocidio, quando cadde il dittatore indonesiano Suharto. Intanto era avvenuto il massacro di Dili, la capitale. Ciò provocò tali proteste nei molti gruppi che sostenevano Timor e nei paesi partecipanti all’Onu, che Clinton intimò ai generali indonesiani di fermarsi. Si potevano evitare 25 anni di guerra. Infine nel 2002 Timor est divenne realmente indipendente. Ancora un’offesa: l’Australia ha proposto che tutti i rifugiati del’Oceania, 38.200 persone, siano raccolti in un grande centro a Timor est, uno stato che ha quasi il 70% di disoccupazione.
L’elenco interminabile dei delitti dei Paesi del progresso comprende tutto il mondo, non esclusi i tentativi di creare divisioni in Cina.
La guerra del Vietnam – dicono gli autori – non aveva senso, dato che gli Stati Uniti avevano già in mano l’Indonesia. Ma temevano il contagio nazionalista che poteva venire da un paese certamente a pezzi, ma che aveva cacciato i francesi.
Infatti, oltre al comunismo gli Stati Uniti temono il nazionalismo, cioè un governo che si opponga alla penetrazione economica delle loro aziende e uno stato che pretenda di autogovernarsi.
Secondo gli autori, gli occidentali sono i più indottrinati e i meno informati del pianeta. “I sistemi di propaganda colonizzano le menti delle persone, comprese quelle che li concepiscono”. I media occidentali censurano e si autocensurano. Prima di far intervenire una persona in televisione vogliono sapere cosa dirà. A questo punto possono rifiutare di mandare in onda l’intervento oppure, se si tratta di una persona autorevole, interromperla con la pubblicità o con domande provocatorie.
Sembra che viviamo in un mondo impazzito.